mercoledì 27 ottobre 2010

UniCredit vara il team. Pieni poteri a Nicastro. Dalle fondazioni un freno a Rampl

UniCredit completa il team di vertice del post-Profumo con la nomina di Roberto Nicastro alla direzione generale e di Paolo Fiorentino alla carica di direttore operativo (chief operating officer). Lascia il gruppo, invece, Sergio Ermotti che non ha accettato il ruolo subordinato rispetto al neo direttore generale. Ermotti, che attualmente aveva l'incarico di deputy ceo per la divisione corporate e investment banking, «ha convenuto di gestire ad interim» la divisione «fino a quando non sarà nominato il suo successore». «Mi dispiace per la scelta personale di Ermotti – ha commentato ieri sera Ghizzoni – ma posso assicurare che la strategia della banca resterà immutata». Per il definitivo assetto di vertice, dunque, occorrerà aspettare ancora qualche settimana, anche perché il rinnovamento, stando alle indiscrezioni, riguarderà anche altri ruoli chiave (a partire dalla direzione risorse umane) e alcuni spostamenti.
Le due nomine di Nicastro e Fiorentino sono state approvate ieri all'unanimità dal board presieduto da Dieter Rampl, dopo che lunedì il comitato nomine aveva accolto l'ultima versione della proposta di governance avanzata dal nuovo chief executive officer Federico Ghizzoni.
La scelta di Nicastro, che finora aveva guidato la divisione retail del gruppo, indica la volontà degli azionisti – a partire dalle Fondazioni – di privilegiare l'attività di banca commerciale, pur «confermando la strategicità della divisione corporate e investment banking». Ma l'esperienza del manager trentino, 45enne, è a tutto campo: dall'investment banking in Salomon Brothers alla consulenza aziendale in Mc Kinsey. E in UniCredit, all'inizio degli anni 2000, ha costruito – partendo dalla polacca Bank Pekao – il network bancario nel Centro Est Europa. Network a cui ha poi lavorato anche Fiorentino e poi Ghizzoni. Un team, quello dei tre manager italiani, già sperimentato e affiatato.
Nel dettaglio, il board di UniCredit ha deciso di affidare a Nicastro le deleghe a livello di gruppo su Famiglie e Pmi, private banking e Global transaction banking. A Fiorentino, è stata invece affidata la responsabilità su Organizzazione, back office, information technology, human resources-management e identity & communications. Napoletano, 54 anni, Fiorentino è nel gruppo da quasi 30 anni, e si è occupato della gestione delle integrazioni di UniCredit (da quella con Crt, Cariverona e Cassamarca a quella con Capitalia, di cui è poi stato anche amministratore delegato).
La struttura di governance messa a punto dal board prevede che Nicastro, Fiorentino e il futuro responsabile della divisione Cib siano a diretto riporto del ceo Ghizzoni, cui faranno capo con riporti diretti il chief financial officer, il chief risk officer e il responsabile delle risorse umane. Ghizzoni spiega che «faranno capo direttamente all'amministratore delegato i country chairman di Germania e Austria, mentre al direttore generale Nicastro riporteranno i country Chairman di Italia e Polonia, nonchè il responsabile delle banche del Centro Est Europa».
Secondo il ceo Fedrico Ghizzoni, «la nuova struttura di governance è una tappa fondamentale nell'evoluzione di UniCredit quale primaria banca universale europea», ha commentato, aggiungendo che «UniCredit è perfettamente in grado di affrontare le sfide derivanti dal nuovo contesto economico e regolamentare». Ghizzoni, che come detto ben conosce Nicastro e Fiorentino per aver condiviso la costruzione del gruppo nel Centro Est Europa, si è detto certo che «con questo management-team dinamico UniCredit conoscerà una nuova fase di sviluppo».
Piena fiducia nella banca è stata espressa ieri anche dal vicepresidente Farhat Omar Bengdara, governatore della Banca Centrale Libica (azionista con il 4,9% dell'istituto di Piazza Cordusio). «Come banca centrale libica, noi crediamo ancora nella banca e nella sua strategia, finchè continua come quella di una banca universale e internazionale. Noi stiamo con la banca, investiamo e supportiamo la banca». Il governatore dell'istituto centrale di Tripoli ha poi negato tensioni con gli azionisti italiani: «No, no – ha detto Bengdara – abbiamo discusso ogni cosa nel board con trasparenza e molta franchezza. Siamo d'accordo e tutte le decisioni fino ad ora sono state prese all'unanimità».
Resta però ancora da sciogliere il nodo della partecipazione complessiva dei libici della Banca Centrale (4,9%) e del collegamento con la Lybian Investment Authority (2,6%), ai fini del superamento del tetto statutario ai diritti di voto del 5%. Quota "araba" che va ad aggiungersi al 4,9% alla Aabar Investments di Abu Dhabi. «Non abbiamo legami con Aabar, che è di Abu Dhabi - ha commentato Bengdara - e noi siamo più vicini, in termini di distanza, all'Italia che agli Emirati arabi uniti».
di Alessandro Graziani
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