domenica 30 dicembre 2018

Ottimismo su stop rincari autostradali

Lo si apprende da fonti Ministero Trasporti

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Damiani: offerta famiglia per delisting

Società Leading Jewels ha già controllo. Esborso 11,8 mln

Leading Jewels, controllata al 100% da membri della famiglia Damiani, promuove un'offerta pubblica di acquisto volontaria totalitaria sulle azioni di Damiani per acquisire l'intero capitale della società e delistarla dalla Borsa.
    L'offerta è sul 16,74% delle azioni Damiani, cioè tutte quelle in circolazione escluso il 58,83% in mano a Leading Jewels, del 17,7% detenuto da chi agisce in concerto con l'offerente e del 6,73% di azioni proprie. L'offerta riconosce un corrispettivo di 0,855 euro per azione, con un premio del 5,04% sul prezzo di chiusura di ieri. L'esborso massimo complessivo sarà di 11,8 milioni, cui Leading Jewels intende far fronte ricorrendo solo a mezzi propri. Leading Jewels mira ad "assicurare la stabilità dell'assetto azionario e la continuità manageriale" necessarie a Damiani "per poter cogliere eventuali future opportunità di sviluppo e crescita in Italia e all'estero".
   
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Carige: chiusura con botto in Borsa +15%

Titolo rimbalza dopo scivolone per mancato aumento, parola a Bce

Chiusura con botto per Carige in Piazza Affari. Il titolo ha segnato un rialzo del 15,39% a 0,15 centesimi all'indomani dell'ennesimo scivolone dovuto al mancato voto in assemblea sull'aumento di capitale lo scorso 22 dicembre. Ieri si sono recati in Bce i vertici della Banca, il presidente Pietro Modiano e l'amministratore delegato Fabio Innocenzi, e due rappresentanti della famiglia Malacalza, primo azionista, che hanno incontrato separatamente il direttore generale incaricato Ramòn Quintana per fare il punto sulla governance. Intanto la Fisac Cgil fa sentire la sua voce sul futuro della banca: "Appare chiaro come l'unica soluzione che possa garantire il futuro di Carige e il suo ruolo per il tessuto economico e sociale di Genova e della Liguria sia l'aggregazione con un altro istituto di credito". E l'assessore regionale allo Sviluppo, Benveduti, dice: "È indispensabile che la Bce ponderi bene metodi, criteri e strategie di gestione di queste realtà. La Liguria non può perdere un volano di sviluppo".
   
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Bce: storica sede Eurotower venduta a gruppo Fubon Life

Società Taiwan possiede anche edificio Madame Tussauds di Londra

Cala il sipario sull'Eurotower di Francoforte. Il grattacielo, tra i più riconoscibili in Europa con il grande simbolo dell'Euro in blu e oro nel parco antistante, è stato acquistato dal gruppo assicurativo di Taiwan Fubon Life. La Torre di 148 metri è stata la prima storica sede della Banca Centrale Europea fino alla fine del 2014 quando si è trasferita nel nuovo avveniristico grattacielo, situato nella zona dei vecchi magazzini generali Grossmarkthalle, a est del centro di Francoforte.
    Il prezzo dell'operazione non è stato reso noto. Il gruppo asiatico è anche proprietario dell'edificio che ospita il celeberrimo Madame Tussauds di Londra.
   
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Aeroporti: a Vinci 50,01% Gatwick

Gruppo francese rileva maggioranza da gruppo Usa Gip

 Il Gruppo francese Vinci, attraverso la controllata Vinci Airports, compra il 50,01% dell'aeroporto di Gatwick. Vinci, si legge in una nota del Gruppo, ha siglato un accordo per acquistare la quota dal fondo Usa Gip (Global Infrastructure Partners). La transazione dovrebbe essere completata nella prima metà del 2019, per un valore di circa 2,9 miliardi di sterline. Il restante 49,99% del secondo scalo del Regno Unito resterà in mano a Gip, che in Italia controlla Italo-Ntv.
   
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Almaviva, terzo Natale senza lavoro e flop del piano ricollocazione

Su 1.666 esuberi solo 127 a tempo indeterminato, ora scade Naspi

(di Maria Chiara Furlò)
Sono trascorsi due anni da quando, proprio a ridosso delle feste, si consumò il più grande licenziamento collettivo italiano degli ultimi 25 anni. Da quel 22 dicembre 2016, però, non molto è cambiato nella vita della maggior parte dei 1.666 ex lavoratori del call center Almaviva di Roma. In tanti, infatti, hanno appena passato il loro terzo Natale senza lavoro. “Siamo in grossa difficoltà, nessuno ci segue più, nessuno ci ricorda più, nessuno ci vuole materialmente più”. Si sfoga così Vincenzo Pellegrini, che non è ancora riuscito a trovare lavoro e vive con la Naspi (l’indennità di disoccupazione), ma anche questa tra pochi mesi scadrà definitivamente.
Vincenzo fa parte di quei lavoratori che hanno aderito sin da subito al piano di ricollocazione lanciato dall'Anpal e della Regione Lazio. Un progetto partito a meno di due mesi dal licenziamento collettivo con bonus occupazionali, incentivi all'auto-imprenditoria, assegno di ricollocazione e interventi di politica attiva. "Partiamo da una situazione molto complessa – dichiarò il presidente dell’Anpal, Maurizio Del Conte, quando a febbraio 2017 fu avviato il piano - ma proprio questo dovrà essere il senso dei nuovi servizi per il lavoro: offrire soluzioni di prospettiva, consapevoli che il mero ricorso ai sussidi può alleviare nel breve i problemi ma non risolverli definitivamente. In questo momento, dobbiamo farci carico della persona e accompagnarla verso una nuova occupazione. La collaborazione inter-istituzionale è un fattore determinante verso la soluzione di crisi così complesse".
A distanza di quasi due anni da quell’annuncio, però, 1.049 ex operatori del call center romano sono ancora disoccupati (il 65%) e solo in 127 sono stati ricollocati con un contratto a tempo indeterminato. Dai dati forniti dall’Anpal – aggiornati al 15 novembre 2018 – emerge che dei 1.666 lavoratori in esubero, 1.627 hanno aderito al piano di ricollocazione (per 17 di questi è stato successivamente annullato il licenziamento. Così, il bacino di riferimento definitivo del piano è diventato di 1.610 lavoratori). Ad oggi, ufficialmente gli occupati sono 526, circa il 33% del bacino totale. Di questi, 276 hanno un contratto a tempo indeterminato, ma più della metà (esattamente in 149) fa parte di un gruppo reintegrato in Almaviva Contact Spa a seguito di un ricorso. A questi, si aggiungono 35 lavoratori (pari al 2% dei licenziati) che hanno aderito a percorsi di autoimprenditorialità. Fra questi c’è Sabrina Linzi, che dopo il licenziamento ha deciso di aprire un bar. “Purtroppo ho seguito quel maledettissimo percorso. Non solo non sono stata aiutata dal punto di vista pratico – ha raccontato - ma pur avendo presentato in tempo tutta la documentazione non sono riuscita subito a rientrare tra i progetti approvati perché in Regione era stata smarrita la mia pratica. Ho perso tempo e denaro e nessuno mi ha aiutata”.
Fra i licenziati della sede romana di Almaviva c’è anche Raffaele Di Leva, 65 anni, “ero nella parte del progetto che aiutava ad andare in pensione anticipata, ma non è andata bene. Non mi è sembrato che al centro per l’impiego cercassero più di tanto di darmi una mano – ha raccontato – anzi, all’inizio mi dissero che sarei potuto rientrare nei possibili pensionamenti anticipati agevolati, ma quando ho inviato tutta la documentazione all’Inps mi è stato comunicato che invece non avevo i requisiti adatti”. Raffaele oggi un lavoro ce l’ha, ma l’ha trovato grazie a un amico che gli ha dato una mano. “Ho perso sette mesi dietro al piano di ricollocazione, se non l’avessi fatto mi sarei mosso prima e magari avrei risolto diversamente”, ha aggiunto.
Per Alessandra De Joan, 54 anni e un figlio di 21 all’università, invece le cose sono ancora tutte ferme dalla fine di dicembre 2016. In quei giorni, Almaviva le pagò una tredicesima di 350 euro (a fronte di uno stipendio che regolarmente arrivava fino a 750 euro) , oggi prende 348 euro di Naspi ma a gennaio resterà anche senza quest’unico sussidio. “Ho aderito anche io al piano di ricollocazione e ogni mese, per 2 anni, hanno voluto che andassi al centro per l’impiego per dimostrare che fossi disoccupata – spiega -Ricordo benissimo l’impiegata che mi diceva sempre: ma come è possibile che una persona come te non riesca a trovare nulla?”. Grazie al progetto di ricollocazione Anpal-Regione Lazio, Alessandra ha partecipato ai corsi di formazione e fatto un unico colloquio, un anno fa, presso un call center concorrente di Almaviva ma non è stata mai richiamata. “Il progetto è stato una presa in giro, anche per chi ha scelto il percorso dell’autoimprenditorialità. Una fregatura totale – ha continuato - le uniche soddisfazioni mi arrivano da mio figlio, studia Lettere e ha la media del 30. Ora è in Erasmus in Spagna e si mantiene grazie alla borsa di studio. Per il resto, nessuno ci ha aiutato, nessuno…solo promesse”.
Interpellato sul caso Almaviva e sulla attuale situazione dei lavoratori licenziati, l’assessore regionale al lavoro, nuovi diritti e politiche per la ricostruzione, Claudio Di Berardino (per anni alla guida della Cgil di Roma e del Lazio), ha risposto: “questa cosa è importante, noi ci stiamo lavorando proprio in queste ore. Quando avremo finito offriremo un quadro di dati, con le cose vere, sia quelle belle che quelle brutte”.
La solitudine e il senso di abbandono sono gli stati d’animo che più accomunano questi lavoratori. “I sindacati? Dopo i licenziamenti sono spariti, abbandonando le persone a loro stesse – ha detto Vincenzo Pellegrini - C’erano tante persone che avrebbero avuto bisogno d’aiuto anche per presentare la domanda di Naspi, ma sono spariti. Solo ora qualcuno ci sta aiutando con la gestione delle cause”. È del 19 dicembre, infatti, un’ultima brutta notizia per 600 ex dipendenti di Almaviva a cui il licenziamento è stato confermato dal Tribunale di Roma (che li ha condannati a pagare le spese processuali).
I sindacati delle tlc, dal canto loro, continuano a denunciare come il comparto dei call center sia uno dei più esposti ai problemi della delocalizzazione e della concorrenza sleale sul costo del lavoro e da mesi chiedono un incontro al ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, anche per affrontare questo tema. “Questi fattori, in un settore già stremato dalla crisi, hanno provocato e stanno provocando gravi crisi occupazionali che non possono e non devono ripetersi”, si legge in una nota diffusa da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil proprio in occasione del primo dei due incontri già saltati al Mise. Per queste ragioni, le organizzazioni sindacali hanno inviato al ministro Di Maio anche la piattaforma sui contact center nella quale sono indicate le loro proposte per permettere un futuro dignitoso al settore e alle migliaia di lavoratrici e lavoratori che ci lavorano.
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Pensioni: decreto il 10-12 gennaio

Per Inps e Inail si ritorna al Cda, addio a presidente unico

Il decreto legge con le norme sulla previdenza dovrebbe essere approvato tra il 10 e il 12 gennaio.
Lo fa sapere il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon sottolineando che ci saranno le norme sull'accesso alla pensione con la cosiddetta Quota 100, sul blocco dell'aumento dell'aspettativa di vita per le pensioni anticipate, sulla proroga dell'Ape sociale e sull'opzione donna. Non sarà nel testo invece l'abbassamento dal 2,8 a 2 volte il trattamento minimo della soglia per l'accesso alla pensione anticipata nel regime contributivo.
Nel decreto sulla previdenza che il Governo sta mettendo a punto - secondo quanto si apprende da fonti vicino al dossier - dovrebbe essere inserita anche una norma sul ritorno del consiglio di amministrazione per l'Inps e l'Inail. In attesa della riforma della governance degli enti quindi si abolirebbe la norma sul presidente unico tornando a un sistema più collegiale.
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Sindacati: 'Manovra pessima, manifestazione'

Grave lesione della democrazia parlamentare

Una manovra "sbagliata, miope, recessiva, che taglia ulteriormente su crescita e sviluppo, lavoro e pensioni, coesione e investimenti produttivi, negando al Paese, e in particolare alle sue aree più deboli, una prospettiva di rilancio". Lo affermano in una nota Cgil, Cisl e Uil, dicendosi pronte alla mobilitazione unitaria "che culminerà con una grande manifestazioni nazionale a Gennaio". "Per le modalità della sua approvazione, - affermano ancora - rappresenta una grave lesione alla democrazia parlamentare".
   
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Lavoro: al Mise 138 tavoli di crisi

Il 2019 riparte con molti tavoli, agenda piena al 20 gennaio

 Sono 138 i tavoli di crisi aziendali attualmente aperti al Ministero dello sviluppo economico, con circa 210 mila dipendenti coinvolti. Lo si apprende da fonti del Ministero. Tra le vertenze più note ci sono Alitalia e Ilva, ma le situazioni di difficoltà aziendale sono molte e coinvolgono diversi settori, dalla siderurgia (con i casi di Aferpi di Piombino all'Ast di Terni) all'agroalimentare (dal caffè Hag alla cioccolata Pernigotti), ai trasporti soprattutto del ferroviario (tra cui Bombardier e l'ex Firema), all'aggravarsi della situazione della Grande distribuzione organizzata (con IperD e diverse Coop). Il 2019 si prepara a ripartire con numerose vertenze: l'agenda dei tavoli di crisi del Mise è già piena fino al 20 gennaio, con appuntamenti che vanno da Piaggio Aero a Bombardier, da IperD a Ferroli, alle Acciaierie di Terni. Passa in eredità al nuovo anno anche la crisi dell'Alitalia, con gli occhi puntati su fine gennaio per capire il futuro del progetto messo in piedi da Fs.
   
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Fisco: Cgia, 2019 tasse locali +1mld


Rimozione blocco aliquote locali spingerà ad innalzare aliquote

 Nel 2019 famiglie e imprese rischieranno di pagare un miliardo in più in tasse locali. A sostenerlo la Cgia di Mestra che rileva come "tra Irap, Imu/Tasi e addizionali Irpef, famiglie e imprese versano a Regioni ed enti locali oltre 60 miliardi di euro all'anno". "L'incidenza di questo importo - rileva la Cgia -, sul totale delle entrate tributarie, è pari al 12% e, purtroppo, è destinato ad aumentare. Dal 2019, infatti, rischiamo di pagare almeno un miliardo in più, a seguito della rimozione del blocco delle aliquote dei tributi locali introdotta nella manovra di Bilancio attualmente i discussione in Parlamento". Dopo aver rimosso il blocco delle aliquote dei tributi locali introdotto con la legge di Stabilità del 2016 dall'allora Governo Renzi, è molto probabile che alcuni Governatori e molti Sindaci torneranno ad innalzarle. Secondo alcune stime fatte dalla Cgia, degli 8mila Comuni presenti in Italia oltre l'80% ha i margini per aumentare sia l'Imu sulle seconde/terze case sia l'addizionale Irpef.
   
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