
L’indice MSCI China ha accumulato negli ultimi dieci anni un rendimento annualizzato del 10,6% rispetto al 10% ottenuto nello stesso arco temporale dall’MSCI Emerging Markets e al 9,29% dell’MSCI Europe. Il listino cinese resta meno performante solo se lo si mette a confronto con lo Standard and Poor’s 500 e il Dow Jones, che registrano progressi annualizzati rispettivamente del 12,6% e del 12,85%. A livello di ratio P/e (prezzo/utile), il valore è di 12,85, nettamente inferiore a quello dei listini azionari europei. Il ratio P/e conferma che l’incremento delle quotazioni è da imputare in particolare all’ottimo andamento degli utili conseguiti dalle aziende.
La lenta decrescita della variazione del Pil non ha, almeno fino a questo momento, condizionato la velocità di crociera di aziende di primo piano come Alibaba, Tencent e Ctrip(anche perché l’ampia fascia di giovani cinesi sta utilizzando il commercio elettronico come se il contante non fosse mai esistito). Il 2018 non è stato un anno positivo per il listino azionario cinese, ma le tendenze demografiche di lungo termine indicano che le tre società dovrebbero continuare a macinare utili in futuro.
Le previsioni indicano che l’economia cinese frenerà nel corso del 2019. Nonostante ciò, la crescita del Pil del gigante asiatico si attesterà nei pressi del 6% rispetto al 2,5% degli Usa e all’1,6% stimato dal FMI per l’eurozona. Il paese ha chiuso il 2018 con un incremento del Pil del 6,6%, in uno scenario caratterizzato dagli attriti commerciali con Trump e dagli squilibri interni che sta cercando gradualmente di risolvere.
Il debito pubblico equivale al 47,6% del Pil (dato 2017). Il rapporto debito/Pil si è mantenuto in prossimità del 29,75% dal 1995 al 2017, ha toccato un minimo storico del 20,40% per poi accelerare fino al 47,60% nel 2017. Sul versante debito, il problema è dato dal livello del debito corporate, che ha raggiunto il 160% del Pil (negli Stati Uniti, nonostante la forte espansione del debito delle aziende dovuto alla politica dei tassi zero voluta dalla Fed dopo la crisi del 2008, il livello è attualmente al 75%).
L’esecutivo di Pechino ha preso misure appropriate per stimolare l’economia, flessibilizzando la politica monetaria, alimentando i prestiti bancari e tagliando le imposte sul lavoro. La maggior parte degli esperti ritiene che le autorità cinesi dispongano degli strumenti necessari a controllare l’economia ed evitare un improbabile atterraggio brusco. I tassi d’interesse in Cina sono attualmente al 4,35% e l’inflazione è all’1,9%.
Gestori e analisti credono che Pechino punterà su ulteriori supporti all’economia attraverso maggiori tagli alle imposte e su misure che garantiscano la sostenibilità del debito nel medio termine. A dispetto dei rumors sullo stallo delle negoziazioni tra Usa e Cina, gli operatori di mercato credono che potrebbe essere raggiunto un accordo tra le due potenze. In tutti i casi, Pechino dovrà adottare un atteggiamento più cauto in materia di diritti intellettuali e operare nel pieno rispetto delle regole internazionali.
A cura di: Rocki Gialanella
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